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Il testo finale del Dl semplificazioni consente di evitarla solo nel caso limite in cui i nuovi contratti hanno lo «stesso contenuto»

L’attestazione continua a essere necessaria, praticamente in tutti i casi. 

È questo il risultato della “semplificazione alla rovescia” arrivata tra giugno e agosto con il decreto legge 73/2022 e la sua legge di conversione.

L’attestazione è il “bollino” che va apposto sui nuovi contratti agevolati, stipulati senza l’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini, per certificare che il contenuto economico e normativo della locazione sia conforme all’accordo locale sugli affitti concordati. 

In pratica, serve a evitare che un contratto “fai-da-te” contraddica l’accordo locale – ad esempio, con un canone troppo alto – e ottenga comunque le agevolazioni fiscali (come la cedolare al 10% anziché al 21% e lo sconto statale del 25% sull’Imu). Dev’essere rilasciata da almeno una delle organizzazioni firmatarie dell’accordo locale e costa circa 40-80 euro. Se manca, il locatore può perdere le agevolazioni.

Gli unici Comuni in cui si può evitare l’attestazione sono quelli in cui gli accordi locali non sono ancora stati rinnovati. 

La versione iniziale del Dl 73 (articolo 7) prevedeva che il bollino rilasciato per un contratto potesse essere usato «per tutti i contratti di locazione» stipulati in seguito, finché non fossero cambiate le caratteristiche dell’immobile o dell’accordo territoriale. Con la conversione in legge, invece, è stato chiarito che per far valere la stessa attestazione i contratti devono avere «il medesimo contenuto».

Resta da capire cosa significhi la possibilità di evitare l’attestazione in presenza dello «stesso contenuto». Di sicuro, il contenuto è diverso quando cambia il canone, la durata o un’altra pattuizione. «A rigore», ha precisato Confedilizia ai propri associati, il contenuto cambia anche quando variano le parti (si pensi ai contratti in cui l’inquilino dev’essere uno studente).

«In effetti – dichiara Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia – si può pensare di tenere la stessa attestazione solo in casi limite, ad esempio quando le parti, anziché fare la proroga, scelgono di stipulare un nuovo contratto “3+2” con lo stesso inquilino, che continua ad abitare la stessa casa alle stesse condizioni ed in vigenza dello stesso accordo locale».

Gli affitti concordati sono sempre più rilevanti, e il loro peso sul totale è cresciuto negli ultimi anni di difficoltà del mercato. Nel 2021, su 932mila nuove locazioni in Italia, i contratti agevolati lunghi (3+2) sono stati 251mila. Ricadono nel perimetro dei concordati anche gli affitti per studenti (44mila) e una buona parte dei 169mila contratti transitori, se stipulati nei Comuni con più di 10mila abitanti. 

In molti grandi centri, i contratti agevolati sono più numerosi dei canoni liberi: capita ad esempio a Roma, Torino e Genova, mentre a Napoli sono praticamente in parità.

«A questo punto sarebbe importante estendere le agevolazioni per i contratti concordati a tutta Italia, senza limitarne l’applicabilità ai centri ad alta tensione abitativa e ai Comuni colpiti da calamità», come afferma Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. 

Anzi, proprio per queste ragioni si potrebbe intervenire con una reale semplificazione.

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