La misurazione delle precipitazioni nel luogo della res in custodia può essere rilevante per affermare l’eccezionalità degli eventi atmosferici. Una precipitazione atmosferica di una certa rilevanza può favorire un evento dannoso. Si pensi, ad esempio, alla condotta presente sotto il manto stradale, riempitasi per l’improvvisa ed eccezionale pioggia, con conseguente sversamento nelle proprietà private adiacenti ai vari tombini.
In questo, come in altri casi analoghi, fioccano le domande risarcitorie da parte di coloro che sono stati danneggiati dall’acqua. In tali circostanze, però, ci si chiede se il titolare/custode della condotta possa essere giustificato dalla straordinarietà dell’evento atmosferico.
Ha deliberato sull’argomento la recente sentenza del Tribunale di Lecce n. 1030 del 13 aprile 2022. Lo ha fatto allo scopo di risolvere una lite tra i proprietari di un seminterrato, l’Acquedotto e il Comune, in merito ai danni subiti dall’immobile per lo sversamento in esso di abbondante liquido fognario a seguito di una rilevante precipitazione.
Il caso concreto
In un comune nel leccese, nel novembre del 2017, in concomitanza di un evento atmosferico, il seminterrato di un’abitazione era stato letteralmente invaso dai liquami provenienti da una vicina condotta fognaria. Per liberare il cespite era stato necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco. L’immobile era stato danneggiato unitamente alla mobilia e ai vari suppellettili presenti in loco. In virtù di quanto accaduto, i proprietari del seminterrato citavano in giudizio l’ente Acquedotto che, a sua volta, chiamava in causa il Comune.
Secondo la tesi attorea era evidente la responsabilità del convenuto, in virtù del rapporto di custodia con la condotta. Per la parte opposta, invece, non era possibile riconoscere alcuna responsabilità, visto che il fatto era imputabile all’eccezionalità delle precipitazioni atmosferiche di quella giornata. Tecnicamente parlando, quindi, si invocava il cosiddetto caso fortuito.
Il procedimento de quo si caratterizzava, principalmente, per l’espletamento di una CTU. Al termine della stessa, valutate tutte le prove emerse durante l’istruttoria, il Tribunale di Lecce ha accolto, parzialmente, la domanda risarcitoria, riconoscendo una corresponsabilità nell’evento, al 50%, degli attori.
Danni da cose in custodia: la responsabilità
Come ribadito in tante sentenze e in tante pubblicazioni, la responsabilità del proprietario/custode del bene, allorquando esso determini dei danni a carico di un terzo, è di natura oggettiva.
Al danneggiato, perciò, spetta solo il compito di provare che l’evento lesivo sia stato provocato dalla cosa. Il custode, invece, per scagionarsi, deve dimostrare che quanto accaduto è stato determinato dal cosiddetto caso fortuito, cioè una circostanza tale da rappresentare l’unico fattore causale dell’evento lesivo.
Ecco una delle tante pronunce che conferma le precedenti affermazioni «La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale (Cass. civ., sez. 3, Sentenza n. 2660 del 05/02/2013)».
Nel caso sopra esposto, la difesa del convenuto si è basata sull’eccezionalità dell’evento atmosferico. In altri termini, le condotte comunali non erano state in grado di trattenere tutta l’acqua, poiché la pioggia caduta in quel periodo era stata insolitamente intensa. Da ciò lo sversamento oggetto di causa nel seminterrato degli attori. Il Tribunale di Lecce, però, ha negato che questa circostanza potesse configurare quel caso fortuito in grado di sollevare da ogni responsabilità il proprietario/custode della condotta.
Danni da cose in custodia, precipitazioni atmosferiche e caso fortuito
Nel mese di novembre del 2017, la zona in cui si era verificato l’evento lesivo in esame era stata effettivamente caratterizzata da delle piogge particolarmente intense, in termini di millimetri d’acqua. Secondo il Tribunale di Lecce tale dato non era sufficiente a spiegare il traboccamento della condotta. È bastato osservare le statistiche dei mesi successivi per verificare che, in tali periodi, era caduta, invece, una quantità di pioggia maggiore, senza che ciò determinasse alcun allagamento.
Era evidente, perciò, che le precipitazioni atmosferiche del mese di novembre, per quanto rilevanti, non erano state imprevedibili ed eccezionali al punto da giustificare l’evento lesivo.
Da ricordare, quindi, a proposito degli eventi atmosferici di questo tipo, il principio di diritto, espresso dalla recente Cassazione, secondo il quale «Le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art. 2051 c.c. quando assumono i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi – sulla base delle prove offerte dalla parte onerata (cioè, il custode) – con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i ccdd. dati pluviometrici) di lungo periodo, riferiti al contesto specifico di localizzazione della “res” oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico (S.C., Sez. 3, con Ordinanza n. 4588 del 11/02/2022)».